Pierluigi Cappello
Pierluigi Cappello è andato inniò all’alba del primo giorno di ottobre del 2017.
Gli amici del "Menocchio" lo accompagnano, in silenzio, con le parole che lui ha scritto in "Questa libertà" (pp. 89-90):
«Ognuno di noi ha il suo porto sepolto dentro di sé; quando io sprofondo nel mio le prime parole che mi vengono in mente sono quelle della mia infanzia sul colle e sono la parola "ombra", la parola "pietra", la parola "muschio", la parola "nuvola", la parola "fatica", la parola "silenzio". Con le parole, pian piano affiorano i luoghi e i volti e mi viene incontro mia madre, che mi prende per mano e mi porta a cogliere i bucaneve lungo le rive gelate del torrente a febbraio.
E allora, in quel momento, mia madre, io, il candore dei bucaneve su letto di muschio e l’acqua sulle pietre levigate, siamo di nuovo uniti e rinnovati, custoditi dal silenzio, la parola che preferisco. E anche se so che il silenzio si declina in molte forme, quello che io amo è la cripta d’amore che custodisce e rinnova, dove si scende piano piano, con deferenza, a piedi scalzi.»
Cammineremo insieme, Pierluigi, fischiettando e con passo leggero, a respirare i silenzi abitati dei tuoi e dei nostri
"inniò",
In nessun dove
(…) cun pîts lizêrs e sporcs
(…) con piedi leggeri e sporchi
come chei di chel che sivilant al va par strade
come quelli di chi fischiettando va per strada
ma tant che cjaminant su un fîl di lame fine
ma come camminando su un filo di lama sottile
e al indulà che tu i domandis,
e al dove vai che tu gli chiedi,
lui, ridint, a ti rispuint
lui, sorridendo, ti risponde
cence principi o pinsîr di fin:
senza inizio o pensiero di fine:
"Jo? Jo o voi discolç viers inniò",
"Io? Io vado scalzo verso inniò",
i siei vôi il celest, piturât di un bambin.
i suoi occhi il celeste, pitturato da un bambino.
Federico Tavan anche lui uno dei tanti amici di Pierluigi, dai suoi "inniò" ha scritto che:
"Devo stare
nei tuoi occhi
per vedermi"
Le parole di Pierluigi, sono per noi gli occhi che, se stiamo in ascolto,
ci aiutano, ci invitano, ci costringono a guardarci dentro per imparare a "prendere a pugni il nulla."
Una bambina di quarta elementare ha scritto:
"Chissà che cosa si dicono
i quattro alberi del mio giardino
che un venticello fa sussurrare?
Quali storie da boschi lontani
porta loro il vento?"
Ci porta e ci porterà anche le parole e i silenzi di Pierluigi.
Ed allora… grazie, Pierluigi:
"E vai,
vai leggero
dietro il vento
e il sole
e canta.
Canta il sogno del mondo:
che tutti i paesi
si contendano
d’averti generato"
(Turoldo)
Foto di Danilo De Marco: Premio di poesia “Federico Tavan”, Fontana Bosplans, 1997