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La casa dei Dolii

l resti della "Casa dei dolii" sono stati scavati tra il 1989 e il 1993 in via Castello.
Si tratta di un vano interrato e altre strutture della stessa fase che fanno parte di una ampia costruzione in pietra e legno, articolata in più ambienti, che fu distrutta da un incendio verso la fine del V secolo a.C.
L´ambiente interrato, di sei metri di lato e profondo due metri, era stato rivestito sul fondo da un impasto di argilla rossa e pietrisco e lungo le pareti, a 50 centimetri dal taglio nelle ghiaie, da tavole e pali di quercia.
Al centro del vano, su una lastra litica, era collocato un palo che doveva probabilmente sostenere il solaio della stanza ed una parete divisoria, a ovest della quale era posto l´accesso al magazzino.
L´ambiente interrato serviva a conservare il prezioso contenuto dei dolii, probabilmente una sostanza oleosa.
Lungo le pareti sopra delle mensole, in sacchetti, erano conservati dei rottami metallici, corna di
cervo, minerali di ferro e sicuramente, a terra, le macine a sella forse utilizzate per qualche attività artigianale.
La parte fuori terra, difficile da ricostruire completamente, era sicuramente composta da più vani: al di là di un muretto a secco che delimitava almeno in parte l´ambiente costruito sopra il magazzino, forse residenziale, si svolgevano diverse attività artigianali. Lungo parte dei lati nordovest e sudest vi erano dei magazzini, pure con pavimenti in battuto di pietrisco e argilla, destinati alla conservazione dell´orzo, rinvenuto in grande quantità ancora nelle ceste, e forse alla sua macinazione con le macine a tramoggia.
A nordovest probabilmente si lavorava l´argilla: qui erano sistemati, forse su scaffali, i pani di argilla cruda alcuni già impastati con il degrassante, pronti per la produzione vascolare, mentre a sud e a est, dove sono stati recuperati resti di focolari e di numerosi residui della lavorazione delle leghe di rame, venivano verosimilmente lavorati i metalli.
L´edificio non trova al momento puntuali confronti: la tecnica costruttiva delle pareti lignee è documentata nell´alta valle       dell´lsonzo a Santa Lucia di Tolmino/Most na Soci, mentre l´uso di scavare delle cantine è attestato nella pianura padana etrusca del V secolo a.C.

 

LA PRODUZIONE FITTILE
Nel vano interrato dell´edificio è stata rinvenuta una grande quantità di materiali fittili, molti dei quali frammentari, dato che al momento dell´incendio si trovavano negli ambienti fuori terra.
Molti sono i contenitori ad uso domestico: olle, usate per conservare e cucinare, bicchieri, coppe-coperchio, scodelloni per conservare e manipolare gli alimenti, dolii per immagazzinare le scorte.
Le olle con la superficie del ventre incise con profonde solcature, secondo un gusto attestato nel resto del Friuli, e gli scodelloni mostrano caratteri propri dell´area compresa tra l´alto Trevigiano e il Pordenonese.
Tipici di Montereale sono invece i grandi contenitori decorati con motivi a triangoli impressi e cordoni rilevati, usati per lo stoccaggio delle derrate o forse per la fermentazione.
Tra il vasellame da mensa, in alcuni casi di produzione e gusto locale, si distinguono per la rarità con cui sono attestate in regione due coppe di ceramica sovradipinta in rosso, una coppa-mortaio riccamente decorata a stralucido e uno skyphos anch´esso sovradipinto in rosso.
Queste stoviglie - per una delle quali è possibile proporre l´importazione da un centro etrusco della pianura padana - rientrano in un repertorio più ampio diffuso nel V secolo a.C. nei centri veneti, in cui recipienti di questi - tipo erano imitati e prodotti, e testimoniano l´adozione, anche da parte degli abitanti della casa, di elementi di prestigio del banchetto utilizzati dai ceti socialmente emergenti.
Le funzioni svolte da questo vasellame non erano nuove: dallo skyphos - forma di origine greca poi riprodotta dagli etruschi - si potevano attingere i liquidi; le coppe avevano sicuramente più usi a tavola; il mortaio, forse un recipiente di nuovo tipo, doveva servire per sminuzzare e triturare pietanze.
L´attenzione da parte degli abitanti della casa a modelli trasmessi dall´ambito etrusco padano attraverso il Veneto occidentale, è testimoniato dal ritrovamento di un "animale fantastico" in terracotta, simile a quelli rinvenuti ad Oderzo. La tecnica di esecuzione e probabilmente la funzione (mostro posto a protezione della casa) rimandano infatti al mondo etrusco.

 

LE ATTIVITÀ METTALLURGICHE
Nei riempimenti e sul pavimento del vano sono stati recuperati novanta oggetti di metallo in diverso stadio di lavorazione, per lo più di bronzo e di ferro ma anche in bronzo al piombo e in piombo.
Per la maggior parte in origine dovevano essere collocati negli ambienti fuori terra.
Pochi tra questi erano probabilmente utilizzati dagli abitanti dell´edificio come la fibula tipo Certosa, quella ad arco serpeggiante, l´anello da cintura ed il pendaglio a secchiello, tutti ornamenti dell´abito usati comunemente nel V secolo a.C. in un´area molto ampia, eccetto il gancio di cintura che rientra nei costumi della Slovenia centro-orientale.
Il resto degli oggetti sembrano invece riferirsi ad una attività di recupero di rottami metallici, specie lamine bronzee (un tempo pertinenti a tazze, situle, ciste) che venivano a questo scopo ripiegate, e di oggetti non più funzionali (il manico di coltello, l´arco di una fibula), o "fuori moda" come lo spillone a globetti più vecchio di due secoli.
E´ possibile che questa pratica fosse finalizzata alla tesaurizzazione e allo scambio, ma pare probabile che nell´edificio si praticasse la rifusione per interventi di restauro o di getto di piccoli oggetti di bronzo o piombo, come indicherebbero i residui di fusione (scorie, gocciolature), e la forgiatura di ferro compiuta con materiale grezzo o riciclato.
Vi sono inoltre due oggetti nuovi, mai usati, di cui si ignora il luogo di produzione: il manico mobile in bronzo e l´ascia a cannone in ferro, tipo diffuso soprattutto nelle Alpi orientali.
La pratica del riciclaggio rientra in un fenomeno vasto comune, nel V secolo a.C. , a tutta la fascia alpina e prealpina del Veneto, del Trentina fino alla Slovenia. Tra gli oggetti rinvenuti è di particolare interesse un pendaglio antropozoomorfo composto da una figura umana e due teste di uccelli acquatici contrapposte, tipico del repertorio etrusco in questo periodo diffuso anche in Veneto e in Alto Adige.

 

Testo tratto da Guida al MUSEO ARCHEOLOGICO MONTEREALE VALCELLINA a cura di Serena Vitri e Susi Corazza